L’INVIDIA NON SI CURA CON IL SUCCESSO

Si dice che l’invidia sia la vendetta degli incapaci.

Si tratta di un’emozione insidiosa e dolorosa in primis per chi la prova, che pone in una condizione soggettiva di inferiorità. È un emozione distruttiva e lacerante, sia del proprio stato di connessione interno che nelle proprie relazioni. L'invidia parte da un disamore verso di sé, che priva del piacere della condivisione per le gioie altrui.

Questa emozione si può accompagnare ad aspettative molto alte e rigide verso se stessi. 

È invidioso chi non ha potuto brillare agli occhi di chi amava; e che quindi non riesce ad amarsi e a realizzarsi, a livello profondo. Tra i profondi conflitti interni e gli autosabotaggi interni, non si accetta il successo e la realizzazione altrui, dal momento che non ci si sente realizzati ma, soprattutto, dal momento che si crede di non poter essere in grado di realizzarsi e si soccombe di fronte a quelle alte aspettative che ci si pone. 

Tra i tanti fattori che giocano un ruolo nell’arrivare a provare questa emozione dannosa, c’è il non riuscire a farsi del bene, in una certa misura; c’è il mancato amore e la mancata accettazione di sé e della propria profonda e naturale bellezza, che per essere vista, da se stessi, richiede apertura, richiede di seppellire l’ascia di guerra, richiede di liberare la mente da quell’annebbiamento auto-stigmatizzante e auto-svilente. 


Quindi l’antidoto all’invidia non è il successo: il mondo è pieno di persone di successo eppure invidiose. Il successo non nobilita. 

L’antidoto all’invidia è l’accettazione e l’amore verso se stessi, così come si è. Si tratta inoltre di mettere da parte i giudizi dal proprio alfabeto interno: anziché vedersi mancanti o non abbastanza o non in grado, il punto è provare a guardarsi così come si è, al di là di qualsiasi accezione; fermarsi prima di arrivare al cospetto del giudizio, restare nell'essere e nel sentire, che è la propria verità. 


Buon-amore é buon-umore!





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