(Proseguendo a partire dall'ultimo articolo..)
Per spiegare meglio cosa intendo con la frase il piacere è per adulti, riporto l'esempio di una donna, che chiamo Lidia.
Lidia, durante una conversazione con una conoscente, venne elogiata per il suo talento. Invece di provare piacere per gli elogi, sentiva che proprio questi attivavano in lei il non sentirsi vista veramente al di là delle sue capacità: la sua parte bambina si era inserita nella conversazione tra lei e questa conoscente, e gridava dentro di sé: 'io voglio che mi vedi così per come sono, al di là delle mie opere. Perché non mi vedi?!'. Ma gli elogi venivano fatti naturalmente alla Lidia di oggi e alle sue opere. La questione finiva lì. Eppure la sua parte bambina si aspettava qualcosa di diverso, tanto da sentirsi non riconosciuta; Lidia stava così dando a questa conoscente un enorme potere, a livello relazionale, anche se questa persona non era una conoscenza significativa/intima per lei. L'attaccamento della parte bambina non lasciava abbastanza spazio per viversi il presente per ciò che era e per il piacere che poteva offrire.
A partire da questo sentire, osserviamo come Lidia si sia trovata qui a un bivio:
attivare un braccio di ferro con questa conoscente e quindi scaldarsi e insistere per essere vista (lasciandosi quindi dominare della propria parte bambina, che chiede all'altro di essere riconosciuta)
oppure riconoscere le emozioni scaturite dal non sentirsi vista (attivate dalla parte bambina) e starci insieme a queste emozioni, accoglierle dentro di sé come realtà passata (di quando da piccola si era sentita non riconosciuta); quindi lasciarsi attraversare da queste emozioni, ma al contempo non agirle sull'altra persona, non attaccarcisi, mantenendo il baricentro in sé e restando nel presente (ossia restando nella propria adultità e non scivolando nella parte bambina). Per stare nel presente, è necessario per Lidia riconoscere da dove provengono quei bisogni antichi, che ora sono stati automaticamente proiettati su questa conoscente (che non c'entra con le mancanze che Lidia ha subìto in passato). Questo riconoscimento di ciò che è passato consentirebbe a Lidia di stare nella conversazione presente, di viversi la gratificazione degli elogi, lasciando aprire ed evolvere il dialogo nelle sue naturali direzioni. Si tratta di non appesantire il presente di contenuti passati, che la farebbero sentire ancora una volta insoddisfatta e frustrata per ciò che le è mancato e che andrebbero a riproporre qualcosa di tristemente già conosciuto.
Se ci si lascia dirigere dalle proprie parti bambine (come nel primo caso citato sopra), le emozioni tendono ad essere agìte e andiamo così in reazione con l'altro, mettendo in atto per esempio il fastidio, la rabbia, il dispiacere, ecc. che si sta provando. Questo attiva una dinamica di azioni e reazioni e qui entriamo nel territorio della PROIEZIONE, dove l'altro non è più semplicemente l'ALTRO, ma diventa OGGETTO della propria proiezione; ossia, in quel momento si rivive con lui/lei la dinamica relazionale che si aveva con una persona significativa del passato (madre, padre, ecc.). Si perde quindi il contatto con la situazione presente per quello che è. La situazione si dipinge di connotati altri, il passato arriva ad abitare il presente ...e questo offusca la visione dell'altro per chi è veramente. Per cui, in quel momento, nella relazione vengono riattualizzati disagi e conflitti del passato: si riattiva un COPIONE già conosciuto, nel quale ognuno prende la propria posizione e ruolo (perché poi anche l'altro risponderà a proprio modo, entrando in questa dinamica). Quando le proprie parti (parti bambine, ecc.) prendono il sopravvento, ecco che si ripresentano i copioni della propria vita, che parlano dei propri conflitti irrisolti. Le costellazioni famigliari hanno molto da insegnare su questo.
Se invece vi è una presa di contatto con le proprie emozioni (secondo caso citato sopra), allora il fastidio, il dispiacere e la rabbia del non sentirsi visti possono essere riconosciuti e ricollocati alla luce della propria storia di vita, affinché il presente resti PRESENTE. Stare in contatto con le proprie emozioni significa darsi lo spazio per sentirle, tollerarle, fino a digerirle, anziché scaricarle/evacuarle automaticamente come se fossero un contenuto ingesto che non appartiene a sé (tollerare anziché subìre, come citato nel precedente articolo). Possiamo gestire le nostre emozioni fintanto che non perdiamo di contatto con queste.
Contatto -> tolleranza -> gestione -> digestione -> elaborazione -> oltre il copione -> possibilità di scelta
Il passato non può essere risolto pretendendo dall'altro il riconoscimento di cui si aveva bisogno da bambini e anche se questo può essere un sentire che appare naturale e automatico, si tratta in realtà di un meccanismo che genera e perpetua la sofferenza. E' il sentire della propria parte bambina che vive nel passato e tende a riattualizzarlo.
Il mancato riconoscimento può essere realmente appagato rivolgendosi a sé. E' il nostro ascolto che placa il bisogno: il nostro essere adulti di oggi che prende per mano la nostra parte bambina, trasmettendole 'ci sono qui io, comprendo il tuo dolore, non sei sola, puoi piangere e lasciarti andare sapendo che sono qui con te, a vegliarti e ad ascoltarti'.
Attivare questo auto-ascolto e questo dialogo interno lascia scorrere ed esprimere le nostre emozioni antiche, senza trattenerle (con trattenerle si intende sia reprimerle dentro, che esprimerle esasperandole e non lasciandole andare) e senza farci dirigere da queste emozioni in un tunnel: vivere anziché subìre le nostre emozioni, mantenendo il faro del presente su di noi, il faro della nostra adultità che veglia, che ci consente di ridimensionare la realtà e riportarci a riva. Questo significa essere genitori di noi stessi.
Compiere (e provare a compiere) questo ascolto consente di ritirare la proiezione dall'altro, lasciando che l'altro sia l'altro e basta, senza investirlo di bisogni che non potrebbe soddisfare. Inoltre, in questo modo, proteggiamo le nostre parti bambine da ulteriori frustrazioni e non lasciamo, al contempo, che siano loro a dirigere le nostre relazioni.
Essere adulti (nel senso di: riuscire a stabilire un dialogo con le proprie parti bambine e a prenderle per mano) permette di viversi il piacere e la novità del presente.
Chiaramente, la vita è un continuo movimento: in ogni momento possiamo sperimentare la capacità di starci accanto e accoglierci. E ci sono momenti in cui ci si riesce ad accogliere e momenti in cui non ci si riesce. Crescere non significa essere definitivamente in pace con se stessi e non avere più alcun conflitto interno. In ogni momento possiamo crescere, nell'ascolto di noi. La possibilità di darci questi momenti di auto-ascolto và a creare e a consolidare, nel tempo, uno spazio di accettazione di noi sempre più ampio, un rifugio interiore che alimenta la nostra stabilità, permettendoci di aprirci alla nostra libertà di essere e di vivere, con quei confini che da un lato ci proteggono e dall'altro ci permettono di lasciarci andare.
COMPRENDERE E SCEGLIERE CHI VOGLIAMO ACCANTO
Nel permetterci di lasciarci andare e di esprimerci per come siamo, non solo permettiamo all'altro di riconoscerci, ma ci permettiamo anche di riconoscere l'altro per chi è davvero. Allora, con questa visione più nitida e aperta sul presente, potremo meglio comprendere e scegliere chi davvero vogliamo accanto.
Essere se stessi e vedere l'altro per ciò che è, in maniera libera il più possibile da proiezioni, è il percorso di una vita, che ci porta a sperimentare il piacere e la soddisfazione che ognuno di noi merita naturalmente, fino a concedersi la pienezza dell'amore
...E IL CORAGGIO DI LASCIAR COMPIERE IL 'MIRACOLO' DELLA REALTA'
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