A volte fa più male l'orgoglio ferito del reale sentimento tradito: fare chiarezza su questo può aiutarci a tornare “a riva”, verso di noi.
Ossia: comprendere quanto è davvero la situazione attuale a farci male o quanto è l’eco che questa situazione risveglia dentro di noi.
L'orgoglio ferito di oggi può essere confuso con importanti sentimenti traditi in passato e può quindi andare a riaprire quelle ferite. Distinguere cosa è presente da cosa è passato ci riposiziona su di noi, ci riporta al presente e ci incoraggia ad essere padroni delle direzioni che vogliamo intraprendere.
Interrogarci sull’orgoglio ferito che possiamo provare nel presente apre una finestra sul passato: i punti in sospeso, le note dolenti che ancora risuonano, gli indurimenti che sono seguiti alle incomprensioni e al mancato ascolto subìto, il riconoscimento del dolore che si è provato e che forse è possibile mettere a fuoco proprio oggi, perché allora era magari insostenibile.
L’orgoglio ferito ci protegge da un lato, ma al tempo stesso può tenerci in stallo, instillare il dubbio su noi stessi, giustificare i nostri blocchi, intrattenerci in una stagnazione per dissuaderci dal metterci più apertamente in gioco, oltre i timori, verso ciò che ci interessa veramente.
Questo orgoglio dissuade dal rischiare di vivere più liberamente e profondamente.
Allora, che fare?
Nulla.
Semplicemente provare a sentirsi e osservarsi, fare chiarezza su ciò, mettersi di fronte a se stessi.
Non sfuggire da sé.
Non soffermarsi troppo sul giudizio dell’altro, una tentazione che sottrae più che dare.
Oltrepassare le proprie narrazioni e le proprie euristiche, che possono eludere la fatica di mettersi in discussione.
Cosa è che fa davvero male?
Quanto il dolore provato è per l’altro o per la perdita dell’altro oppure quanto è invece per ciò che non abbiamo potuto ottenere o per come l'altro ci ha fatti sentire o apparire o per il ruolo in cui ci ha messi?
Rispondiamoci senza giudizio, per comprendere quale strada stiamo percorrendo e dove stiamo andando: quanto siamo guidati dai sentimenti di oggi oppure da bisogni antichi e dall’orgoglio che ne può derivare.
In fondo a noi stessi, le risposte già le sappiamo, probabilmente, ma il giudizio verso di sé può far presto a confondere le acque.
Senza giudizio, la nostra verità profonda può uscire a galla e rendersi disponibile.
Ed è senza giudizio che possiamo accoglierci a prescindere dalla risposta che ci diamo, per comprendere anzi cosa c'è dietro a quella risposta e aprire una finestra verso di noi, mollare le sfide passate, lenire il dolore degli “schiaffi” che la vita ci ha dato e donare a noi stessi l’ambiente caldo di cui abbiamo bisogno, fatto di quell’approvazione, ascolto, amore che ancora sentiamo mancare. Una resa amorevole verso di noi.
La prima sfida da abbandonare è quella con noi stessi, quel tipo di sfida che incatena il nostro valore a ciò che riusciamo a ottenere e ai traguardi esterni.
Oggi non è più in gioco il nostro valore, se decidiamo di abbandonare antiche sfide, per quanto ci possano essere parti di noi che ancora la vivono così (parti da accogliere).
Il nostro valore non si ottiene, semplicemente esiste. Il punto è che occorre riconoscerlo.
Ciò che oggi è davvero in gioco è l’esperienza nuova e fresca che ci concediamo, che muove al di là della morsa di certi bisogni insoddisfatti e al di là del vissuto di precarietà che questi bisogni possono indurre, quando si rivolgono all'esterno anziché essere da noi accolti.
Quello che oggi è in gioco è ciò che in fondo vogliamo davvero e che forse, a volte, temiamo più di ogni altra cosa.. aprire le nostre finestre, verso noi stessi e verso il mondo.
(Prendere ciò che si ritiene buono per sé).
Una buona continuazione!
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