La mente ordina "non devo arrossire!".
Lancia così l'allarme. Il corpo blocca. Ma SENTE, sente il pericolo e il sistema nervoso autonomo si attiva.
Affluisce più sangue.
La vasodilatazione è un attimo, improvvisa e incontrollata.
Fiorisce il rossore.
Ciò che più che mai si voleva nascondere, diventa ora visibile sotto gli occhi degli altri.
Se la paura del rossore diventa ossessione e accompagna le proprie interazioni sociali, si scivola verso la cosiddetta ERITROFOBIA.
Il rossore è qualcosa di naturale. E' la sua fobia a renderlo invalidante per chi lo sperimenta.
Così, spunta fuori quanto più lo si vorrebbe ricacciare dentro, rispondendo imprevedibilmente a una mente che gli ordina "no, tu no!".
Non accettare il proprio rossore come fatto naturale è proprio ciò che lo rende innaturale.
Si arrossisce per emozioni diverse (rabbia, collera, piacere ed eccitazione, ecc.), ma il rossore generalmente meno tollerato è quello dovuto all'imbarazzo e alla vergogna.
La paura di arrossire si lega all'emozione della VERGOGNA. Vergogna per.. "essere visti"? Vergogna di.. desiderare?
La paura di essere visti nasconde, d'altro lato, proprio il desiderio di essere visti.
Ci si potrebbe interrogare su quanto ci si è sentiti "visti e ascoltati" nella propria vita e su quanto se ne senta il bisogno; inoltre, su quanto ci si abbandona al proprio "desiderio". E in base a questo, ci si potrebbe interrogare su quanto si teme di mostrarsi, sui giudizi riguardo al proprio sentire, su quanto si ha paura che gli altri vedano qualcosa di cui ci si potrebbe vergognare.
In definitiva, quanto ci si sente liberi e spontanei nelle interazioni sociali? E quanto si teme un qualche giudizio?
Nel rossore non si accetta la propria vergogna, né il desiderio che può celarsi dietro. Li si vorrebbe nascondere, bloccare.
Il blocco risulta da un conflitto tra la mente e il corpo e si esprime nel sintomo, portavoce di ciò che è schiacciato, che si presenta allora in un'altra veste.
Il rossore fa meno paura se si lascia che la vergogna, come il desiderio, convivano dentro di sé, anziché bandirli. Accettarli come emozioni naturali quali sono. E accettare l'esperienza del corpo che li accompagna, come il rossore.
Più si vuole tenere a bada qualcosa che nasce spontaneo e più questo qualcosa tenderà a sfuggire dal proprio controllo.
Ogni emozione vive in noi, permette la vita del corpo. E' paradossale la pretesa (mentale) di controllarne l'esistenza. L'emozione è sacra, qualunque essa sia. Parla della propria umanità.
Alexander Lowen affermava che reprimere ciò che sentiamo equivale a tradire in qualche misura la sensibilità del corpo.
Altro discorso è: cosa facciamo delle emozioni che proviamo e come le gestiamo.
Le emozioni fanno il loro corso e "il loro movimento fluisce" nel momento in cui ci si lascia da queste attraversare.
Possono raggiungere il loro apice se represse, ma se lasciate fluire, nel rispetto altrui, promuovono la nostra coerenza. Trovare la via che permette loro di esprimersi ci rende padroni di noi stessi, ma soprattutto appagati e vivi.
Lasciarsi attraversare dalle emozioni rientra nel naturale movimento del corpo. Un corpo vivo è un corpo che si esprime.
Contemplare la possibilità di provare vergogna, ma anche autorizzarsi a desiderare, senza che ciò immobilizzi, significa accettarsi per ciò che si è, dirsi "Sento cosa sto provando, sento vergogna, imbarazzo.. e così sia, accolgo il mio sentire".
La paura di arrossire è paura di lasciar trapelare i propri "movimenti interni", in termini di sensazioni ed emozioni.
Così, questi movimenti che restano intrappolati nel corpo possono arrivare a bussare violentemente sulle pareti della propria pelle.
La vergogna inaccettata può diventare muta violenza contro se stessi.
Se accolta, questa vergogna, troverà la strada per esprimersi, mostrando la bellezza della propria sensibilità.
Lancia così l'allarme. Il corpo blocca. Ma SENTE, sente il pericolo e il sistema nervoso autonomo si attiva.
Affluisce più sangue.
La vasodilatazione è un attimo, improvvisa e incontrollata.
Fiorisce il rossore.
Ciò che più che mai si voleva nascondere, diventa ora visibile sotto gli occhi degli altri.
Se la paura del rossore diventa ossessione e accompagna le proprie interazioni sociali, si scivola verso la cosiddetta ERITROFOBIA.
Il rossore è qualcosa di naturale. E' la sua fobia a renderlo invalidante per chi lo sperimenta.
Così, spunta fuori quanto più lo si vorrebbe ricacciare dentro, rispondendo imprevedibilmente a una mente che gli ordina "no, tu no!".
Non accettare il proprio rossore come fatto naturale è proprio ciò che lo rende innaturale.
Si arrossisce per emozioni diverse (rabbia, collera, piacere ed eccitazione, ecc.), ma il rossore generalmente meno tollerato è quello dovuto all'imbarazzo e alla vergogna.
La paura di arrossire si lega all'emozione della VERGOGNA. Vergogna per.. "essere visti"? Vergogna di.. desiderare?
La paura di essere visti nasconde, d'altro lato, proprio il desiderio di essere visti.
Ci si potrebbe interrogare su quanto ci si è sentiti "visti e ascoltati" nella propria vita e su quanto se ne senta il bisogno; inoltre, su quanto ci si abbandona al proprio "desiderio". E in base a questo, ci si potrebbe interrogare su quanto si teme di mostrarsi, sui giudizi riguardo al proprio sentire, su quanto si ha paura che gli altri vedano qualcosa di cui ci si potrebbe vergognare.
In definitiva, quanto ci si sente liberi e spontanei nelle interazioni sociali? E quanto si teme un qualche giudizio?
Quel rossore pare un desiderio castigato; porta in sé sia il desiderio che il timore di essere raggiunti dall'altro.
Il blocco risulta da un conflitto tra la mente e il corpo e si esprime nel sintomo, portavoce di ciò che è schiacciato, che si presenta allora in un'altra veste.
Il rossore fa meno paura se si lascia che la vergogna, come il desiderio, convivano dentro di sé, anziché bandirli. Accettarli come emozioni naturali quali sono. E accettare l'esperienza del corpo che li accompagna, come il rossore.
Più si vuole tenere a bada qualcosa che nasce spontaneo e più questo qualcosa tenderà a sfuggire dal proprio controllo.
Ogni emozione vive in noi, permette la vita del corpo. E' paradossale la pretesa (mentale) di controllarne l'esistenza. L'emozione è sacra, qualunque essa sia. Parla della propria umanità.
Alexander Lowen affermava che reprimere ciò che sentiamo equivale a tradire in qualche misura la sensibilità del corpo.
Altro discorso è: cosa facciamo delle emozioni che proviamo e come le gestiamo.
Le emozioni fanno il loro corso e "il loro movimento fluisce" nel momento in cui ci si lascia da queste attraversare.
Possono raggiungere il loro apice se represse, ma se lasciate fluire, nel rispetto altrui, promuovono la nostra coerenza. Trovare la via che permette loro di esprimersi ci rende padroni di noi stessi, ma soprattutto appagati e vivi.
Lasciarsi attraversare dalle emozioni rientra nel naturale movimento del corpo. Un corpo vivo è un corpo che si esprime.
Contemplare la possibilità di provare vergogna, ma anche autorizzarsi a desiderare, senza che ciò immobilizzi, significa accettarsi per ciò che si è, dirsi "Sento cosa sto provando, sento vergogna, imbarazzo.. e così sia, accolgo il mio sentire".
La paura di arrossire è paura di lasciar trapelare i propri "movimenti interni", in termini di sensazioni ed emozioni.
Così, questi movimenti che restano intrappolati nel corpo possono arrivare a bussare violentemente sulle pareti della propria pelle.
La vergogna inaccettata può diventare muta violenza contro se stessi.
Se accolta, questa vergogna, troverà la strada per esprimersi, mostrando la bellezza della propria sensibilità.
È incredibile come mi sia riconosciuta in ogni singola parola. No...io non arrossisco, ma quello che provo è invalidante allo stesso modo, anzi, forse molto di più. Io soffro di iperidrosi.
RispondiEliminaCi convivo da sempre.