Dal libro Donne che mangiano troppo: “Anna si sente lusingata dalla cordialità della vicina. Nella logica di Anna: se la vicina parla così apertamente con me, vuol dire che mi ritiene una persona degna di fiducia, una vicina simpatica. L'immagine di vicina simpatica prevede disponibilità ad ascoltare. Anna vuole corrispondere a questo modello.
IL TIMORE DI NON ESSERE ALL'ALTEZZA DI QUESTO CLICHE' LE IMPEDISCE DI RECEPIRE I PROPRI BISOGNI”.
Tant'è che Anna, subito dopo l'incontro con la vicina sente stranamente l'incontrollabile bisogno di mangiare qualcosa (abbuffarsi), anche se sta bene.
Perché?
Possiamo notare come questo trattenersi, reprimersi e assecondare l'altro comporti la repressione di parte della propria energia. Energia che muoverebbe naturalmente altrove: portando per esempio Anna (riporto l'esempio del libro, che calza molto bene) a interrompere una conversazione per lei noiosa, a congedarsi e a fare altro.
Perché in certi momenti vado in apnea/mi si blocca il respiro?
Perché dopo quell'incontro sono rientrata a casa con il mal di stomaco?
Perché mi sento così inconcludente verso questa cosa?
Perché in quel momento ho avuto voglia di stordirmi?"
..e via dicendo.
Ciò che si fa contro-voglia può sfuggire alla mente, ma non al corpo.
Perciò, in funzione di un “esterno”, filtrato dalle nostre credenze, reprimiamo parte di un interno, chiudiamo determinati canali alla nostra energia, mettiamo dei tappi.
L'energia repressa è carica aggressiva repressa, a favore dell'adesione a un modello al quale conformarsi per ottenere le conferme di cui si ha ancora bisogno.
Dove sono i propri bisogni? Bu.. chissà dove sono, non c'è spazio ora per loro. Magari, tra un po' di tempo, ci si accorgerà di aver coltivato situazioni sbagliate per sé, conoscenze insoddisfacenti, ecc. ma ora ciò che preme è corrispondere a ciò che gli altri si aspettano. Mettersi in sicurezza (quella che al tempo era mancata).
Altruismo? Niente affatto: condizionamenti che hanno la meglio e che non permettono bene di vedere né se stessi, né l'altro, né la situazione nella sua semplicità.
Siamo qui nel terreno dell'ego. L'ego ferma al passato ed è un ostacolo alla naturale espressione di sé stessi, un ostacolo allo scorrere della propria carica aggressiva (energia che muove), naturale e necessaria per diventare ciò che si è.
Prendere contatto con la propria carica aggressiva significa sentire realmente di che cosa abbiamo bisogno e lasciarci andare al coraggio di cui la nostra energia è capace.
Oltre le aspettative, oltre il disappunto, c'è la realtà di noi stessi, con le sue preferenze, la sua voglia e la sua non-voglia. Degna a prescindere.
E' più semplice di quanto la nostra parte bambina teme.
IL TIMORE DI NON ESSERE ALL'ALTEZZA DI QUESTO CLICHE' LE IMPEDISCE DI RECEPIRE I PROPRI BISOGNI”.
Tant'è che Anna, subito dopo l'incontro con la vicina sente stranamente l'incontrollabile bisogno di mangiare qualcosa (abbuffarsi), anche se sta bene.
Perché?
..Anna, in realtà, non ha voglia di stare ad ascoltare la vicina: “c'è voluto parecchio tempo prima che arrivasse ad ammettere a se stessa questa ed altre situazioni di non-voglia”.
Ciò che la mente non riconosce (es. non ho voglia di fare questa cosa, ma nemmeno me lo chiedo), il corpo subisce.
Così, a un certo punto, inizierà a manifestare sintomi, bisogni, apparentemente incomprensibili: critiche incarnate.
Es. "non capisco, perché questa stanchezza?Perché in certi momenti vado in apnea/mi si blocca il respiro?
Perché dopo quell'incontro sono rientrata a casa con il mal di stomaco?
Perché mi sento così inconcludente verso questa cosa?
Perché in quel momento ho avuto voglia di stordirmi?"
..e via dicendo.
Ciò che si fa contro-voglia può sfuggire alla mente, ma non al corpo.
Perciò, in funzione di un “esterno”, filtrato dalle nostre credenze, reprimiamo parte di un interno, chiudiamo determinati canali alla nostra energia, mettiamo dei tappi.
L'energia repressa è carica aggressiva repressa, a favore dell'adesione a un modello al quale conformarsi per ottenere le conferme di cui si ha ancora bisogno.
Le lusinghe funzionano quanto più si necessita di attenzioni. Da qui la tendenza a conformarsi in ruoli implicitamente richiesti.
Altruismo? Niente affatto: condizionamenti che hanno la meglio e che non permettono bene di vedere né se stessi, né l'altro, né la situazione nella sua semplicità.
Siamo qui nel terreno dell'ego. L'ego ferma al passato ed è un ostacolo alla naturale espressione di sé stessi, un ostacolo allo scorrere della propria carica aggressiva (energia che muove), naturale e necessaria per diventare ciò che si è.
Prendere contatto con la propria carica aggressiva significa sentire realmente di che cosa abbiamo bisogno e lasciarci andare al coraggio di cui la nostra energia è capace.
Oltre le aspettative, oltre il disappunto, c'è la realtà di noi stessi, con le sue preferenze, la sua voglia e la sua non-voglia. Degna a prescindere.
E' più semplice di quanto la nostra parte bambina teme.
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