Provo
a distinguere due forme di piacere differenti, dettate da cause
diverse e con risvolti differenti. Andrò un po' per etichette e
semplicizzerò, ma per rendere più chiari determinati atteggiamenti.
Preciso che ognuno di noi è un tutto, con tantissime sfumature; una
sfumatura non significa per forza un colore che emerge in ogni
occasione o un'etichetta fissa, perciò consiglio di prendere con
relatività ciò che scrivo, sentendo come risuona.
Parto
dal piacere di tipo narcisistico: questo ha lo scopo di soddisfare il
bisogno di attenzioni e vari bisogni mancati che non sono stati
soddisfatti al tempo; in questo caso, ci si vede soprattutto
attraverso le conferme degli altri. Questo tipo di piacere è
un'eccitazione che evapora in fretta, perché prodotta da una fonte
esterna, quindi non duratura, che non si aggancia a un senso di sé
integro; per cui, c'è bisogno di essere soddisfatti ripetutamente in
quanto alla base sta un vuoto, una ferita da colmare; questa forma di
compensazione (della propria mancanza o vuoto) necessita del
controllo e della manipolazione dell'esterno per essere alimentata.
Per
nutrimento narcisistico si intendono: attenzioni, riconoscimenti,
potere, conferme varie. Ciò che si persegue sono soprattutto i
propri bisogni, al di là della relazione; o meglio, la relazione
viene utilizzata allo scopo di soddisfare i propri bisogni. Posto il
fatto che in ogni relazione si soddisfano dei bisogni personali,
l'altro viene qui "oggettificato", non visto nella sua
individualità e unicità. Come dire, si intrattiene un gioco o una
lotta con sé stessi, ma prendendo in prestito l'altro come oggetto,
che viene investito di "pezzi propri". Si vive maggiormente
nella proiezione anziché nella relazione.
I
bisogni passano sopra la reale conoscenza ed esperienza.
I
bisogni infantili insoddisfatti gestiti in questo modo vincolano la
libertà di andare avanti e possono agire come un filtro, appannare
le relazioni e il piacere naturale che ne potrebbe derivare. Magari
non si arriva nemmeno a chiedersi quanto l'altro susciti reale
interesse per ciò che è, non si sente quella genuina curiosità di
conoscerlo a prescindere da sé. Determinati canali sono chiusi.
Emerge l'urgenza della soddisfazione che l'altro può dare attraverso
le sue conferme.
Il
piacere veicolato è quindi di tipo narcisistico, mosso dai bisogni
di una "parte bambina" di sé. Una parte bambina che non si
vede e tanto meno si accoglie, che quindi agisce più o meno
inconsapevolmente, dirigendo la propria vita.
Quanto
più questa parte bambina prevale e mette in atto comportamenti (come
strategie, manipolazioni, controllo, maschere) per soddisfare i suoi
bisogni, tanto più ci si priva del piacere che la reale relazione
con l'altro potrebbe offrire. La propria energia è spesa nel cercare
"specchi" invece di accedere a una realtà differente.
Il
bisogno narcisistico limita la persona, la fissa al controllo e
all'illusione del piacere, a quella parvenza che scema rapidamente, a
una fame che non riesce a soddisfarsi.
La
società di oggi aiuta molto in questa direzione, qui in Italia in
particolare.
Tra
l'altro, più si controlla e più si rischia di essere controllati;
il circolo vizioso non concede resa, aumenta la diffidenza e la non
fiducia verso l'altro. Alla base sta l'antitesi: "o io o te"
anziché "io e te". Competizione anziché
collaborazione: "se dò spazio a te, ne sottraggo a me e
viceversa", "morte tua, vita mia".
Non
si "tengono insieme" le polarità; tenere insieme nel senso
di tollerare pregi e difetti di una persona, buono e meno buono: "o
sei ok o sei fuori"; il mondo si scinde allora in buoni e
cattivi, in vittime e carnefici, dimenticando che tutti siamo "un
mondo".
Scisse
le realtà rifiutate di sé: scisso il mondo che si incontrerà. In
questa condizione non c'è spazio per tutti, è una lotta alla
sopravvivenza: quella parte bambina è ancora in stato di necessità,
non crede che ci sia possibilità di vivere più liberamente, crede
che lo spazio dato all'altro possa essere rischioso per lei, renderla
assoggettabile, venire tradita (come fu un tempo: tratti narcisisti
di personalità derivano da ferite narcisiste); un condizionamento
che continua ad agire, un tradimento che viene passato come fosse un
testimone: lo si riceve e poi infligge, a meno che non ci si fermi a
far chiarezza e a prendersene cura. L'altro viene investito di poteri
e responsabilità che non gli competono e di cui non ci si vuole far
carico. Allora le persone potranno apparire minacciose, o salvatrici,
o vittime da assoggettare, ma fondamentalmente non ci si potrà
fidare o abbandonare per davvero.
Non
ci può essere abbandono all'altro senza appoggio e radicamento in se
stessi. C'è invece sbilanciamento, che ancora una volta porta faccia
a faccia con la propria incompletezza. Incompletezza data dalla
mancanza di auto-ascolto. Non ci si sente completi perché non si
vedono certe parti di sé, che sono proiettate sull'altro.
Diventa
facile allora slittare fra le posizioni di vittima e carnefice.
Nel
controllo si è controllati dalle proprie proiezioni e vincolati a
forme di piacere coatto. Ci si racconta che quello è il piacere: un
piacere diretto dall'esterno di cui non si è mai totalmente padroni,
un piacere che è un tornaconto.
Se
l'esterno non rifornisce di "ricompense" si rischia di
crollare e deprimersi, di sentirsi dei falliti. Questo, altro non è
che il fallimento della propria parte narcisistica, ricorda Lowen. Un
fallimento necessario per poter andare oltre, che riporta a quel
vuoto interiore da cui partire.
Il
piacere narcisistico distoglie dal piacere che potrebbe invece
nascere naturalmente dall'interno, nel momento in cui questo interno
e questo vuoto non si temono: piacere ed emozioni sgorgano da dentro,
da quanto siamo in contatto con noi, e possono essere poi attivati
dall'esterno.
Ciò
che da dentro sgorga fuori e viene condiviso è piacere, liberazione.
La fiducia accompagna questa esperienza.
Il
contatto, anziché la ricerca di ricompense, favorisce l'abbandono al
piacere autentico, concreto, reale, che muove nell'andare verso.
Contattare
dà la possibilità di scegliere e stare in ciò che davvero ci
piace, invece di consumarsi a cercare ciò che può "riempire"
mentre ci si difende dalla propria ombra.
Lasciarsi
andare, lasciarsi condurre, abbandonarsi può essere la cosa più
appagante o quella più spaventosa, dipende "da dove arriviamo";
ma apre al piacere autentico.
La
bellezza dell'arcobaleno si fà da più colori.
Dietro
il bisogno narcisistico ci sono paure e fantasmi che ostacolano
l'esperienza. Stare nell'esperienza permette di uscire dal proprio
ego e contattare l'altro davvero.
Per
lasciarsi andare al piacere autentico è necessario mollare il
bisogno narcisistico, in quanto si tratta di un piacere non
premeditato, inaspettato, libero da forzature o costruzioni. E'
apertura e può attivare una connessione profonda.


Commenti
Posta un commento
Per commenti e domande sono disponibile a rispondervi personalmente e/o privatamente tramite e-mail.