PERFEZIONE E DERIVA


L’eccesso nella ricerca di ideali e perfezione può incappare in una deriva ben più grande, quella del fascino e del desiderio non riconosciuto dell’oblio più spietato. 
L’altra faccia della medaglia è in agguato, quando non lasciamo spazio ad una naturale e imperfetta umanità. 
Può diventare un’ombra che accompagna la propria vita, pericolosa nel momento in cui non la si lascia emergere a galla.
Grandi ideali coprono grandi derive. 
Non si scappa dalla complementarietà.
Le parti negate di sé plasmano l’esterno, che allora appare così differente da sé. Ci si può sentire dei pesci fuor d’acqua. In realtà l’esterno che si osserva è molto più simile a sé stessi di quanto non si immagini; semplicemente, non lo si riconosce come parte negata della propria personalità. Perciò si può rivoltare contro. Proiettato e non integrato. E il corpo ci richiama alla realtà attraverso la manifestazione di sintomi.
La realtà, è che noi siamo tutto. 
Più andiamo verso un estremo, più questo estremo richiama, dietro l’angolo, il suo opposto. L’astinenza da certe parti di sé, non accolte, può irrompere in una bulimia di questi aspetti nei momenti di “fallimento”.
Ma gli opposti si vanno a unire se non li immaginiamo come i due cardini di un segmento, ma come due punti di un cerchio, così distanti da un lato da toccarsi e combaciare dall’altro lato.
La ciclicità è un’evoluzione naturale in ogni essere vivente e in ogni processo presente in natura (le stagioni, il giorno e la notte, l’inspirazione e l’espirazione).
Lasciare che questi due cardini si possano toccare e unire, accettandone le loro estremità, permette di riconoscerli come parte di un unico ciclo, quale è. E ciò permette di armonizzare ed equalizzare questa ciclicità, lasciando che la propria evoluzione fluisca.


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