Le persone vengono in psicoterapia per
riprendersi i propri diritti vitali, diritti che hanno dovuto sacrificare per
molto tempo, diritti dimenticati, non visti, negati, violati,
rintanati nei meandri delle tensioni corporee più resistenti.
Il diritto di esistere, di essere amato, di affermare
sé stesso e la propria identità, il diritto di arrabbiarsi, di essere triste,
di viversi la gioia e il piacere, il diritto di lasciarsi andare e magari sbagliare.
Recuperare il contatto con questi diritti è
di vitale importanza. Recuperarne il riconoscimento, liberarli dai sensi di
colpa che li intrappolano, dalle paure che li congelano, dalla polvere di
condizionamenti invalidanti, restituendogli il loro valore e il loro spazio, significa liberare
la propria profonda autenticità e individualità. Significa scegliere di credere
in sé stessi e credere nelle parti di sé che al tempo non avevano voce, le
quali hanno tanto bisogno di parlare e di essere ascoltate. Lasciar vivere
quelle parti, che può essere una cosa tutt’altro che semplice, significa
autorizzarsi ad “essere” e recuperare la fede. Fede in sé stessi e nella vita. Significa
comprendere che non c’è niente da temere in sé stessi (anche se si è stati
abituati a credere in ciò), semmai c’è da imparare.
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