Qualche giorno fa un amico di viaggio
incontrato a Bussana mi disse “Nasciamo per fare ciò che più ci
piace e poi finisce che ciò che più ci piace lo facciamo quando non
abbiamo nient'altro da fare, quando resta del tempo libero, fuori dai
doveri e dalle incombenze”.
Ciò che più ci piace fare può
rischiare di prendere l'ultimo posto all'interno della giornata, dei
mesi, degli anni, della vita; messo all'angolo, rimandato a dopo che
tutto il resto sarà fatto, qualora ci fosse ancora del tempo.
In questo caso, diventa un angolo di
cielo (o di terra) sospirato al quale viene fatto appello forse più
nell'immaginazione, anziché prenderci la libertà di viverlo
concretamente. Forse, se gli dessimo spazio, potrebbe sembrare una
perdita di tempo rispetto a tutto ciò che “ci chiama” fuori?
Non so quanto questo succeda a voi, a
me succede. Ma prenderne coscienza, il più delle volte, può bastare
per ridefinire la questione e trovare il modo di recuperare e
riprendermi quell'angolo di cielo. Per angolo di cielo intendo anche
quello spazio di silenzio, solitudine, creatività, tutto mio.
Mi concentrerò ora proprio sulla
valenza della solitudine, ossia di quell'angolo di cielo solo nostro.
Quando questo spazio non viene nutrito,
credo che si procrastini, in parte, ciò che io chiamo passione,
espressione, auto-ascolto, nutrimento del proprio talento autentico.
Tutto ciò, per svilupparsi ha bisogno di attingere prima di tutto
all'interno di sé.
Nello spazio della nostra solitudine
troviamo le nostre grandi verità: la verità di ciò che siamo e di
ciò che siamo portati a fare naturalmente.
Possiamo incontrare i nostri “demoni”
e le nostre paure nella solitudine, insieme al nostro sé più
autentico, alla nostra forza e alla nostra ispirazione. Sono tutti alleati, se li accogliamo.
Ciò non vuol dire che sia semplice, ma forse è più tollerabile di
ciò che crediamo; inoltre, ritagliarsi il tempo per coltivare questo
spazio, può liberare una soddisfazione che accompagna piacevolmente
anche i giorni a venire.
Per spazio di solitudine si possono
intendere molte cose: dall'assaporare un tramonto, al gustarsi
l'aroma di un caffè, al camminare, leggere, scrivere, al creare in
solitudine (attività piacevoli e creative di vario tipo), agli
interessi personali.
La qualità di questo spazio e
l'ispirazione che se ne trae dipende dal fatto che non si subisce
(come nel caso: “non riesco a stare solo, mi annoio..”) ma si
ricerca con curiosità verso se stessi e voglia di ritagliarsi un po'
di tempo proprio.
Bilanciare il “dentro” (la nostra
interiorità e i momenti di solitudine) col “fuori” (le relazioni
e la vita al di fuori di sé), porta al duplice vantaggio di vivere
entrambe le sfere con una qualità diversa. In effetti, il benessere
è dato dall'equilibrio tra le due sfere, perchè l'una nutre l'altra
e viceversa, l'una è di ispirazione all'altra.
Quanto spazio diamo all'interno
rispetto a ciò che diamo all'esterno?
Quanto siamo a conoscenza delle nostre
passioni, dei nostri talenti, di ciò che più ci piace fare?
Quanto nutriamo quell'angolo di cielo o
quel giardino, ossia quello spazio solo nostro?
Quello spazio è nutrimento per le
nostre fondamenta emotive e complessive.
E' espressione, è anima che si libera,
ci sussurra e ci fa sentire meglio integrati, in contatto con noi.
Nessuno può portarci via questo pezzo di cielo o terra, ma allo stesso tempo, nessuno può costruirlo e coltivarlo
al posto nostro.
Se ci accorgessimo di “quanto spazio
diamo/quanto tempo passiamo” fuori e quanto dentro di noi, in quale
direzione sentiamo di rivolgerci?
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