La preoccupazione per la propria salute, quando diventa eccessiva, può indicare il timore che si ha del proprio corpo e dei suoi segnali, oltre che il bisogno di controllarlo; paradossalmente rispecchia, a volte, l'ostinazione a non voler ascoltare il corpo in quanto, appunto, invece di accoglierlo e riconoscerlo nei sui stati di disagio, lo si teme come se fosse “estraneo” a sé. Perciò i suoi segnali "mandano in allarme", essendo prima negati e poi, in un certo senso, fraintesi. Il senso di allarme può portare preoccupazione e reazioni ipocondriache. Si perde in questo modo il contatto con la funzione fondamentale del corpo, che vuole comunicare la vita, anziché limitarla.
Il corpo è memore della ricca sfaccettatura di ogni nostra emozione, espressa o meno. Le limitazioni e i divieti che diamo a talune nostre emozioni, li stiamo dando al corpo.
Tutti vorremmo star bene, non ammalarci ed essere in accordo con il nostro corpo, ma quanto lo ascoltiamo davvero nei suoi segnali di disagio? Quanto li accogliamo, prima di correre ai ripari cercando di tamponarli?
Ciò che si manifesta dentro di noi e che percepiamo estraneo a noi è “estraneo alla nostra coscienza”, risiede perciò al di sotto di questo livello, visceralmente e inconsciamente. Ossia, fa profondamente parte di noi. E’ ciò che la nostra parte cosciente non vuole accettare o digerire (un esempio sono i sintomi fisici di origine psicosomatica, frutto di emozioni che non si percepiscono e/o esprimono).
L’ascolto del corpo può sanare i propri luoghi bui e portare lì un po' di chiarore e calore, donando un maggior senso di completezza. Liberandoci da ciò che stringe, in noi.
Lasciare che il corpo abbia le proprie valvole di sfogo, non cercare di conformarlo togliendogli/tagliando via le sue naturali imperfezioni, significa dargli la possibilità di manifestarsi, di scaricare, di esprimere la sua realtà; significa ascoltarlo e fidarsene. Anche per prevenire, eventualmente, il trasformarsi di un suo segnale in malattia.
Guardando ai riscontri positivi, questo atteggiamento di "ascolto" predispone all’accettazione della vita, necessaria per raggiungere la dimensione reale e concreta del piacere e delle esperienze.
Dove accolgo la sofferenza che ho sperimentato, costruisco il terreno per potermi vivere piacere e soddisfazione, laddove questi sono possibili.
Il corpo è memore della ricca sfaccettatura di ogni nostra emozione, espressa o meno. Le limitazioni e i divieti che diamo a talune nostre emozioni, li stiamo dando al corpo.
Tutti vorremmo star bene, non ammalarci ed essere in accordo con il nostro corpo, ma quanto lo ascoltiamo davvero nei suoi segnali di disagio? Quanto li accogliamo, prima di correre ai ripari cercando di tamponarli?
Ciò che si manifesta dentro di noi e che percepiamo estraneo a noi è “estraneo alla nostra coscienza”, risiede perciò al di sotto di questo livello, visceralmente e inconsciamente. Ossia, fa profondamente parte di noi. E’ ciò che la nostra parte cosciente non vuole accettare o digerire (un esempio sono i sintomi fisici di origine psicosomatica, frutto di emozioni che non si percepiscono e/o esprimono).
L’ascolto del corpo può sanare i propri luoghi bui e portare lì un po' di chiarore e calore, donando un maggior senso di completezza. Liberandoci da ciò che stringe, in noi.
Lasciare che il corpo abbia le proprie valvole di sfogo, non cercare di conformarlo togliendogli/tagliando via le sue naturali imperfezioni, significa dargli la possibilità di manifestarsi, di scaricare, di esprimere la sua realtà; significa ascoltarlo e fidarsene. Anche per prevenire, eventualmente, il trasformarsi di un suo segnale in malattia.
Guardando ai riscontri positivi, questo atteggiamento di "ascolto" predispone all’accettazione della vita, necessaria per raggiungere la dimensione reale e concreta del piacere e delle esperienze.
Dove accolgo la sofferenza che ho sperimentato, costruisco il terreno per potermi vivere piacere e soddisfazione, laddove questi sono possibili.

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