Come le aspettative altrui ci possono sviare dalla nostra strada


Partendo dal principio, le aspettative che i genitori (in primis) avevano su di noi possono esercitare un forte potere nelle direzioni che andiamo a imboccare nel corso della vita. Da qui, si comprende quanto ci si possa confondere tra quelli che erano i loro e quelli che sono i nostri reali desideri, bisogni, qualità. 
Può accadere di vivere ciò che loro si aspettavano da noi, o ciò che loro stessi non sono riusciti a realizzare ma che avrebbero voluto, fino al rischio di vivere la vita al posto loro. Compensando inconsapevolmente i loro desideri irrealizzati, che diventano i nostri (a meno che questi desideri non siano realmente affini alle nostre corde).
Potrebbe essere il caso di una persona che sviluppa qualità e talenti appartenenti al genitore, ma nei quali si sente stretto. La stessa cosa può riguardare i ruoli: per esempio una figlia che ha dovuto mediare tra due genitori spesso in lite, potrà sviluppare da adulta quello stesso ruolo che loro le avevano affibbiato. O ancora, una donna con un padre che avrebbe voluto un figlio maschio, che da adulta si trova in difficoltà a riconoscere la sua femminilità e a trovare un partner. Questa è un'estrema sintesi di dinamiche ben più complesse, ma è per comprendere quanto, talvolta, la nostra "infanzia" sia stata trascurante o non abbia colto talune nostre qualità, bisogni, predisposizioni, che restano allora silenti, magari per molto tempo.
Questo può allontanarci dal nostro sentire, generando conflitti interni, frutto della collisione tra i bisogni nostri (non riconosciuti) e quelli altrui. Ci si trova così in conflitto con le direzioni intraprese o che si vorrebbero intraprendere, o non ci si sente completamente liberi nelle proprie scelte.
A partire da questa premessa, la conseguenza è che a volte non ci si accorge di quanto si facciano proprie le aspettative di qualcun’altro. Soddisfare queste aspettative può nascondere, inoltre, il bisogno di avere un ritorno, spesso in senso affettivo. Un ritorno affettivo che ci era mancato e che ancora oggi è presente, sebbene non ci siano più le condizioni per soddisfarlo nel modo in cui avremmo voluto.

COME SI FA A CAPIRE CHE LA STRADA INTRAPRESA NON E' QUELLA PER SE'?


Questa eventualità la si può notare nel caso in cui si cerca di dare il massimo in qualcosa, pur non essendo comunque abbastanza soddisfatti e sentendo come altre aree della nostra vita restino silenti, non realizzate. Da un lato ci sentiamo a posto (assecondando e confermando le aspettative altrui che abbiamo fatto nostre), dall’altro sentiamo che questo comunque non ci gratifica. 
Magari siamo presi dalla fretta e frenesia di portare a termine determinati compiti, ma allo stesso tempo permane una zona di incertezza, noia, impotenza. Ci sembra di andare avanti e poi ci ritroviamo inevitabilmente allo stesso punto. E intanto (forse) non comprendiamo come sia possibile che certe cose non arrivino, non si realizzino. 
A volte correre troppo fa perdere una grande quantità di tempo; quando si corre nella direzione “sbagliata”. Forse stiamo canalizzando le energie in un luogo che non è il “nostro”, dal quale invece tutto può partire.
Non si tratta di raggiungere un traguardo, quanto di fermarsi per fare chiarezza dentro di sé, esplorare il proprio sentire, domandarsi e aprirsi alla possibilità, per comprendere cosa si vuole per davvero
La mancanza di sintonizzazione con i propri reali bisogni può portare a sforzi frenetici per ottenere qualcosa, senza poterne godere appieno né del percorso intrapreso, né del risultato; è curioso come, a volte, raggiunto un traguardo, questo inizi a perdere di valore. Forse perché non è lì che si trova davvero l'appagamento.
Oltre all’insoddisfazione, ci viene in aiuto il linguaggio del corpo (tensioni, blocchi, fino a disturbi psicosomatici di vario tipo) e i sogni, che a volte propongono scenari in cui si sperimenta impotenza, stallo, fatica, pericolo, insieme allo spaccato di un’altra realtà che si presenta invece come “altra” possibilità. 
Dall’ascolto di sé e di questi messaggi, si può trarre la consapevolezza della strada che si sta percorrendo e fare chiarezza sui propri bisogni. Da qui si apre un graduale processo di separazione tra ciò che è “nostro” e ciò che è “altrui”, accorgendoci delle nostre naturali risorse, intravedendo e individuando i sentieri che conducono al nostro cammino personale, quello dove si incontra la soddisfazione. 
La liberazione dai retaggi “altrui” ci porta inevitabilmente faccia a faccia con noi stessi. E’ un processo di riappropriazione di sé, che passa dalla graduale presa di responsabilità del proprio benessere. L’autonomia ha un prezzo: mettersi in gioco realmente; ma ciò consente anche di mettersi nella posizione di dare e ricevere ciò che si sta cercando, o quantomeno di predisporsi, prendendo in mano il proprio potere per affrontare i blocchi e le resistenze, dentro e fuori di sé. 
Da qui, ci si può iniziare a muovere dallo stallo di convinzioni limitanti. Ci si apre a una maggiore libertà. In primis, la libertà di credere in sé stessi.

Il vero appagamento concede inoltre riposo (da determinate aspettative), ci fa sentire soddisfatti.

E la soddisfazione si sperimenta in un clima di accettazione per ciò che si è…e per ciò che si ha. L’auto-accettazione ci permette di sintonizzarci su di noi, con i nostri tempi e a nostro modo. Lungo questa strada nulla và perso, non occorre troppa fretta. E’ l’ascolto di sé che muove naturalmente.

Si può partire per davvero solo se si parte da sé stessi.




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