La nostra percezione, il nostro vissuto e il nostro atteggiamento fanno la differenza sull'impatto che le situazioni hanno su di noi e perciò sulla sua loro durata, a livello emotivo e non solo.
Identificarci con i sentimenti di una situazione critica e dolorosa porta a perpetuare l'esperienza della stessa, l'impatto si amplifica e richiama credenze e convinzioni che alimentano la situazione.
Noi non siamo i nostri sentimenti, anche se li stiamo provando in quel momento. Ma soprattutto, noi non siamo le nostre credenze.
In questi casi, prendere un po' di distanza da ciò non può che giovare; e così, prendere momentaneamente distanza dalla situazione stessa, soprattutto quando sentiamo una forte identificazione con essa.
Mettere da parte credenze e convinzioni per stare semplicemente a guardare ciò che è e ciò che sta al di fuori da quella situazione apre la visuale e apre il nostro respiro.
Per farlo possiamo davvero tornare all'ascolto del respiro, lasciarlo scendere in profondità, sentirne l'espansione: trovare il nostro centro.
Significa tornare a noi allontanandoci da impalcature di convinzioni limitanti, che se presenti non fanno che irrigidire la situazione.
Il contatto semplice e sincero con il nostro sentire, con il nostro essere, ci porta oltre le nostre credenze e ci mostra quanto le criticità facciano parte della vita.
Perciò, allontanarci dal "nodo" per osservarlo dall'esterno e osservare ciò che gli sta intorno ci fa prendere maggiore consapevolezza del fatto che non c'è solo il nodo, ma allo stesso modo il nodo fa parte del tutto.
C'è una distanza che favorisce l'accettazione e l'integrazione di ciò che ci accade, anziché la sua negazione.
Molte situazioni che ci troviamo a vivere non sono il risultato di un destino predeterminato nel quale noi non abbiamo avuto alcun potere, ma frutto di nostre scelte in contingenza con un contesto nel quale noi ci siamo trovati. Se alcune scelte ci hanno portato lì, significa che c'è qualcosa che ha bisogno di essere visto e riconosciuto.
Le situazioni critiche in cui incappiamo ci salvano spesso dal perpetuare atteggiamenti controproducenti per noi stessi.
C'è un aspetto di salvezza che possiamo scegliere di vedere, un'occasione di consapevolezza su aspetti di noi, che restano in ombra fino a quando "tutto va bene" e vacillano proprio nei momenti critici, o meglio emergono.
Determinati nostri turbamenti parlano non solo del nostro presente, ma sono intrisi anche di passato. Anche per questo, prendere un po' di distanza ci aiuta a mettere questo a fuoco e aiuta ad accoglierlo.
Così come determinate scelte hanno contribuito a immergerci in talune situazioni, così altre ci tireranno fuori.
Ogni scelta ci dà il potere di cambiare qualcosa.
Riflettere su quanto siamo stati artefici di una situazione nella quale ci sentiamo ingarbugliati ci dà il potere di uscirne.
Inoltre è una sicurezza ricordare che c'è un tempo per ogni cosa, anche per i momenti più critici: un inizio, un decorso e una fine. Mentre il nostro essere e la nostra identità sono permanenti, tutto il resto caratterizza delle frazioni della nostra esistenza.
Identificarci con i sentimenti di una situazione critica e dolorosa porta a perpetuare l'esperienza della stessa, l'impatto si amplifica e richiama credenze e convinzioni che alimentano la situazione.
Noi non siamo i nostri sentimenti, anche se li stiamo provando in quel momento. Ma soprattutto, noi non siamo le nostre credenze.
In questi casi, prendere un po' di distanza da ciò non può che giovare; e così, prendere momentaneamente distanza dalla situazione stessa, soprattutto quando sentiamo una forte identificazione con essa.
Mettere da parte credenze e convinzioni per stare semplicemente a guardare ciò che è e ciò che sta al di fuori da quella situazione apre la visuale e apre il nostro respiro.
Per farlo possiamo davvero tornare all'ascolto del respiro, lasciarlo scendere in profondità, sentirne l'espansione: trovare il nostro centro.
Significa tornare a noi allontanandoci da impalcature di convinzioni limitanti, che se presenti non fanno che irrigidire la situazione.
Il contatto semplice e sincero con il nostro sentire, con il nostro essere, ci porta oltre le nostre credenze e ci mostra quanto le criticità facciano parte della vita.
Perciò, allontanarci dal "nodo" per osservarlo dall'esterno e osservare ciò che gli sta intorno ci fa prendere maggiore consapevolezza del fatto che non c'è solo il nodo, ma allo stesso modo il nodo fa parte del tutto.
C'è una distanza che favorisce l'accettazione e l'integrazione di ciò che ci accade, anziché la sua negazione.
Molte situazioni che ci troviamo a vivere non sono il risultato di un destino predeterminato nel quale noi non abbiamo avuto alcun potere, ma frutto di nostre scelte in contingenza con un contesto nel quale noi ci siamo trovati. Se alcune scelte ci hanno portato lì, significa che c'è qualcosa che ha bisogno di essere visto e riconosciuto.
Le situazioni critiche in cui incappiamo ci salvano spesso dal perpetuare atteggiamenti controproducenti per noi stessi.
C'è un aspetto di salvezza che possiamo scegliere di vedere, un'occasione di consapevolezza su aspetti di noi, che restano in ombra fino a quando "tutto va bene" e vacillano proprio nei momenti critici, o meglio emergono.
Determinati nostri turbamenti parlano non solo del nostro presente, ma sono intrisi anche di passato. Anche per questo, prendere un po' di distanza ci aiuta a mettere questo a fuoco e aiuta ad accoglierlo.
Così come determinate scelte hanno contribuito a immergerci in talune situazioni, così altre ci tireranno fuori.
Ogni scelta ci dà il potere di cambiare qualcosa.
Riflettere su quanto siamo stati artefici di una situazione nella quale ci sentiamo ingarbugliati ci dà il potere di uscirne.
Inoltre è una sicurezza ricordare che c'è un tempo per ogni cosa, anche per i momenti più critici: un inizio, un decorso e una fine. Mentre il nostro essere e la nostra identità sono permanenti, tutto il resto caratterizza delle frazioni della nostra esistenza.
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