Rabbia: a cosa serve e cosa accade nel corpo quando la reprimiamo


In molti di noi è radicato il timore di urtare l'altro o di esporre in qualche modo il proprio lato "aggressivo".
La parola "aggressività" può evocare qualcosa di pericoloso, da temere e da tenere sotto controllo. Ma riservarle semplicemente un'accezione negativa mette in catene una parte propulsiva di noi; queste catene trovano espressione nel corpo attraverso determinate tensioni muscolari, legate a timori e a sensi di colpa che bloccano e trattengono una parte vitale, umana e spontanea.
Il modo in cui esprimiamo e moduliamo la nostra aggressività parla delle opportunità, dei divieti e delle frustrazioni che abbiamo incontrato nella vita. I vari condizionamenti ci hanno indirizzato verso determinati compromessi.
Andare alla radice del termine "aggressività" ci aiuta a comprendere meglio la sua funzione ai fini del benessere.
L'aggressività si può declinare in vari modi. Essa si esprime in spinta attiva; il suo significato è “andare verso”. E' l'energia che ci permettiamo di mobilitare e impiegare, il motore che consente di affermarci, di “afferrare” la vita, di muoverci nell'incontrare l'altro, di realizzare i nostri obiettivi; questa funzione serve inoltre a difenderci e a reagire alla violazione del nostro spazio.
Il suo opposto è la regressione, la passività, l'impotenza. Questi elementi li ritroviamo, per esempio, nella depressione; qui l'aggressività viene autodiretta e repressa nel corpo, andando ad appesantire e a “tirare giù” il soggetto.
L'aggressività può essere canalizzata ed espressa in vari modi; il rapporto che abbiamo con essa influisce nell'incisività e nella convinzione di ogni nostro gesto.
La sua mancata espressione ostacola la libertà, la capacità espressiva nel suo complesso e l'adattamento.
La rabbia fa parte dell'aggressività. Alexander Lowen la chiamava “l'emozione che guarisce”. Senza rabbia saremmo indifesi e non in grado di proteggere la nostra integrità fisica e psichica.


LE DIREZIONI DI UNA RABBIA NON ACCOLTA

Come sopra accennato, molte volte la rabbia è considerata moralmente sbagliata e per timore di affrontarla viene rigettata nello stesso calderone insieme alla violenza, alla mancanza di rispetto o al sadismo più o meno manifesto. Questi ultimi costituiscono le reazioni che emergono, per l'appunto, quando la nostra parte aggressiva viene repressa; l'emozione prende perciò il sopravvento, esce dagli argini della consapevolezza e del controllo cosciente.
La rabbia accumulata diventa insostenibile quanto più la si teme e si cerca di fuggirne ai ripari. In assenza di un canale di sfogo, potrà quindi esplodere inaspettatamente o trasformarsi e prendere direzioni subdole, con conseguenze potenzialmente dannose.
Se non ne prendiamo coscienza ed evitiamo di gestirla, sarà lei a dominarci. Reprimerla non equivale a eliminarla.
La rabbia non accolta può prendere differenti direzioni nel momento in cui viene scaricata all'esterno.
E' il caso, per esempio, dell'esplosione di collera, impulsiva e non regolata; l'impulsività è tipica di chi reprime e poi esplode. Le persone colleriche spesso hanno avuto esperienze infantili nelle quali vi è stata una certa repressione dei loro diritti e delle loro reazioni spontanee, o una non considerazione dei loro bisogni. Essi non si sentivano liberi di esprimere la loro rabbia sana; perciò, si portano dietro un tale accumulo di carica repressa che può bastare un'occasione apparentemente innocua per riaccendere la fiamma; al contrario, in occasioni importanti potrebbero sentirsi terribilmente bloccati. Per loro, il “radicamento” (senso di fiducia e centratura in sé) e la regolazione della propria aggressività non sono affatto scontati. L'esplosione permette di scaricare e svuotare, ma non lascia soddisfatti; apre i cancelli al bisogno di aggredire e si mischia in seguito al senso di colpa, portando nuovamente alla chiusura.
Alle volte non ci si rende conto delle proprie reazioni aggressive/impulsive; sono quei momenti in cui, quando l'altro ce lo fa notare, rispondiamo: "io non sono arrabbiato". Intanto la rabbia aumenta senza sapere bene il perchè. La realtà è che, in questi casi, “non si accetta la propria rabbia e perciò non la si riconosce nemmeno davanti all'evidenza”.
La rabbia repressa può emergere, inoltre, attravero il sadismo, sottilmente subdolo o manifesto: umiliare, screditare, sminuire, canzonare, lanciare “frecciatine” delle quali si è poco consapevoli, fino ad arrivare ad azioni più importanti. Questo atteggiamento può innescare particolari reazioni nell'altro, alimentando e fomentando la rabbia di entrambi. Un altro modo è la tendenza a proiettare sull'altro la propria rabbia: la rabbia dell'altro ci infastidisce particolarmente proprio perchè, in realtà, è qualcosa che ci appartiene, ma non accettandola, non la riconosciamo. In questo caso, dividiamo il mondo in buoni e cattivi; dividiamo noi stessi, tagliando via fette della nostra vitalità.

COME SI ESPRIME LA RABBIA NEL CORPO

A livello corporeo, la rabbia viene avvertita come un'onda di eccitazione che percorre la schiena e sale verso la testa. Negli animali questo è ben visibile, in quanto si può notare il rizzarsi del pelo sulla schiena. L'energia, o carica eccitatoria, va a irrorare la testa: si dice appunto “sentire la testa calda” e “vedere rosso”. Questa energia preme per esprimersi. Si tende naturalmente a portare in avanti la mandibola, a digrignare i denti; ciò rimanda al bisogno di mordere, di aggredire, di affermarsi. Anche in questo caso, negli animali questo atteggiamento è più evidente. L'energia arriva quindi alle braccia e alle le mani, che diventano calde; si avverte l'impulso di colpire, agire, affermarsi. La rabbia è un'emozione calda, che va a sciogliere la tensione e ne permette la scarica.
Se questa emozione non viene espressa, essa va ad appesantire e a irrigidire il corpo, contribuendo allo sviluppo di tensioni muscolari, disturbi psicosomatici, alterazioni immunitarie e del sistema nervoso autonomo, fino a esercitare un'influenza su malattie più importanti. Sottolineo: “influenza” e non “causa”.
Alexander Lowen affermava “Il corpo dei pazienti riflette la loro storia dolorosa nella perdita di armonia, nei blocchi che separano i loro segmenti corporei principali: la testa dal tronco, il bacino dal torace. Tutti i pazienti hanno una considerevole rabbia repressa che non hanno potuto esprimere. Quando c'è difficoltà a esprimere la rabbia in maniera efficace e appropriata, l'individuo diventa una vittima o un carnefice”.
La rabbia bloccata o repressa, a livello muscolare, si presenta sottoforma di tensioni e rigidità alla schiena, al collo e alla testa. Si tende a irrigidire la mandibola, si può avvertire mal di testa, le braccia e le mani sono rigide. Viene messo un “tappo” a questa onda eccitatoria, che viene così bloccata nei tessuti del corpo. In questi casi non si è a contatto con la propria rabbia; si tratta di una difesa automatica e non cosciente. Dove c'è rigidità nel corpo, c'è meno ossigeno, meno vita, perciò meno sensibilità; il corpo sente meno, a livello sia fisico che psichico. La tensione cronica parla di un'emozione cronicamente repressa; essendo cronica, ci si convive e spesso non si percepisce più dolore. Il gioco è fatto: non si percepisce più l'emozione che non vogliamo sentire.

 

RABBIA E MALATTIA

Già Ippocrate (460-370 a. C.) parlava dell'influenza delle passioni sulle funzioni organiche. La rabbia trova luogo nel corpo, oltre che a livello muscolare, anche a livello gastrointestinale. Chi soffre di gastrite e/o colite sa bene quanto questi disturbi siano particolarmente legati ai periodi di stress. In particolare, questi disturbi si legano, il più delle volte, alla propria suscettibilità emotiva, ad una difficoltà nella gestione della propria aggressività e della propria capacità assertiva.
Nel caso di malattie organiche di una certa entità, diversi studi hanno evidenziato correlazioni con determinati tratti di personalità. Le ricerche di Temoshock, Heller, Engel e Schmale, risalenti a qualche decennio fa, hanno portato all'identificazione della cosiddetta "personalità di tipo C", caratterizzata da senso di impotenza, rinuncia, rabbia autodiretta e repressa, scarsa capacità introspettiva; questo stile di comportamento si è visto associato allo sviluppo di neoplasie. In generale, è intuibile l'effetto “depressore” di questo atteggiamento sul sistema immunitario.
Mentre un altro stile di comportamento, identificato come “personalità di tipo A” da Friedman e Rosenman, caratterizzato da ostilità, difficoltà ad esprimere la propria rabbia è senso dell'urgenza del tempo, è stato associato allo sviluppo di disturbi cardiovascolari, nello specifico a coronaropatie. 
Studi successivi hanno individuato l'ostilità come fattore chiave presente in questi disturbi. L'ostilità, che possiamo anche chiamare odio, è l'espressione fredda della rabbia, affermava A. Lowen. L'odio ha un effetto di congelamento nel corpo, che solo l'espressione calda della rabbia permette di sciogliere.
Il nostro corpo ha un potere di autoguarigione eccezionale, ma nel momento in cui perdiamo di vista certe parti di noi e la loro ricchezza emotiva, il corpo ci riporta alla realtà con vari campanelli dall'allarme. E nel fare ciò, il corpo ci fa sempre un favore. La funzione della malattia è quella di guarirci.


ACCOGLIERE RENDE LIBERI

E' fondamentale decondizionarci da credenze radicate e sensi di colpa che ci legano e che ci vincolano nell'espressione della nostra rabbia; una di queste consiste nel monito “devi essere buono”. L'armonia con gli altri e con l'ambiente non è data dall'essere buoni ma dall'essere integri e più completi.
Abbiamo da imparare dal mondo naturale, nel quale non esiste il concetto di bene e male: esiste la vita. La vitalità e la spinta per la sopravvivenza, nel mondo animale, non sono intaccate da condizionamenti come quelli umani, che offuscano la semplicità quanto la ricchezza della realtà. La divisione tra bene è male ci porta a tagliare a metà il mondo e a non vederlo nella sua completezza.
La rabbia è l'emozione guaritrice e restauratrice diceva Lowen; senza quella non abbiamo modo di scaricare all'esterno tutte le tensioni, le frustrazioni, i dispiaceri, i vari “contenuti” che ci intossicano.
Rabbia significa prima di tutto “reagire” e affermare il proprio “diritto di essere e di vivere”.
Per gestire la propria rabbia è necessario prima di tutto non temerla, prendere contatto con questo stato di eccitazione e comprendere da dove arriva. Essere consapevoli della propria rabbia permette di capire cosa farne. Se ci permettiamo di sentirla e la accogliamo, possiamo darle un confine e canalizzarla. Non c'è controllo senza espressione. Possiamo sostenere e contenere l'eccitazione della rabbia solo quando la accettiamo come reazione naturale e quando sappiamo in che misura questa sia legata ad una situazione presente e quanto invece ad esperienze passate. Consapevolezza e accettazione ci permettono di esprimere la rabbia nel momento e nel modo appropriato.
Allora la scarica della tensione collegata libera il corpo e consente di ritrovare serenità.
L'espressione naturale di ogni nostra emozione esprime un diritto, comunica e avvicina all'altro.

E' proprio l'accettazione della nostra imperfezione che ci rende “perfetti” nella nostra espressione, perchè veri. 
 
 
 
 
 
Con il contributo di:
Friedman, M. et al. (2001). Type-A behavior and coronary atherosclerosis. Atherosclerosis. Biondi, M., Costantini e Grassi (1995). La mente e il cancro. Roma: Il pensiero scientifico. Biondi, Palma e Zannino (1997). In “Mente, cervello e sistema immunitario”. Milano: Mc-graw Hill.
Lowen, A. Arrendersi al corpo. Astrolabio.

Commenti

  1. Dietro la rabbia c'è un dolore questa frase detta da Elisabetta conduttrice del gruppo di psicosintesi, mi illuminò, al pari di quella di Liguori direttore del centro psicosintesi di Milano quando disse: il conflitto è ricerca di relazione; il tutto risale alla metà degli anni 90. E' stato lungo, impegnativo il mio percorso ma avevo la direzione ed ancora oggi imparo ogni giorno e posso comprendere il dolore che nasconde la mia rabbia e parlare di quello se chi ho davanti è interessato; la rabbia è un'emozione calda come l'amore, diverso è il rancore che è freddo come l'odio.

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    1. Grazie Bianca per questo suo prezioso commento. Mi scuso per l'enorme ritardo di questa mia risposta. Conosco e apprezzo la psicosintesi come approccio. Il mio relatore della tesi di laurea era Massimo Rosselli (il direttore della scuola di psicosintesi di Firenze). Da lì ho poi conosciuto la bioenergetica.
      Parole estremamente vere quelle che ha scritto. E che colpiscono: dietro la rabbia c'è un dolore, che può essere occultato proprio dalla reattività. Un aumento di carica che ci dà energia e "ci tiene su", al di sopra di questo dolore, a volte difficile da accogliere. Ma la valenza della rabbia come emozione calda è fondamentale. Possiamo "andare verso" per amore o per rabbia, diceva Lowen, entrambe sono azioni positive per la persona, nel senso di "aggressive", azioni che mobilitano.

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  2. Questo articolo è estremamente riduttivo e semplicistico. Innanzitutto è falso e pericoloso affermare che le emozioni represse generano malattie in quanto ci sono migliaia di casi di persone che pur conducendo una vita fortemente stressata non si ammalano e vivono a lungo. È anche il caso di molti poeti e filosofi !! Al contrario gente che sta in pace con se stessa o con il mondo circostante va incontro a malattie mortali. Quindi la causa delle malattie è sconosciuta o comunque multifattoriale. Non è mai una cosa soltanto che causa una malattia. Anche la genetica è di fondamentale importanza e poi la fortuna. Secondo me generalizzare e irrigidirsi sulle proprie teorie (non capendo che ogni soggetto è un caso a sè) è sempre un male perché si rischia di cadere nel narcisismo e nella paranoia. Secondo me dovrebbero essere gli scienziati e i dottori i soli a parlarci delle malattie e non psicoanalisti o psicologi altrimenti si genera SOLAMENTE confusione e caos. Ad ognuno il suo mestiere. Ma questo è il mio modesto pensiero. Ad esempio io, se sono psicoterapeuta o fisioterapista, non mi azzarderei mai nemmeno col pensiero a dire come ci si deve comportare in presenza di materiali chimici. Per questi c'è l'ingegnere chimico!!!! ALTRIMENTI SIAMO DI FRONTE AD UNA FORMA DI NARCISISMO. Infatti è risaputo che i narcisisti pensano di avere la verità assoluta. La verità è che non esiste verità assoluta ma solo ESCLUSIVAMENTE di parte. Anche Schopenhauer lo diceva e non solo lui. Questo è quello che penso io.

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