VOLONTA' E SENTIRE
La volontà è senza dubbio un motore che ci consente di realizzare ciò che abbiamo in mente, operare dei cambiamenti, portare a compimento degli obiettivi.
Potremmo metterla in contrapposizione al “lasciar andare”, che richiama ad una qualità apparentemente passiva, a differenza della volontà che presenta una qualità attiva.
Più propriamente, “lasciar andare” è uno scorrere, un non opporsi che fa approdare, quasi inevitabilmente e in maniera differente rispetto alla volontà, al cambiamento e alla realizzazione dei nostri obiettivi.
Il lasciar andare è determinato dal “sentire”, che si sintonizza sulla realtà presente e ne prende parte; la volontà deriva invece dalla mente e dal raziocinio.
La realizzazione di noi stessi è favorita dalla buona integrazione tra questi due aspetti. Quando il “ragionare” è in accordo con il “sentire” corporeo e viscerale, ecco allora che ci si muove verso un cambiamento che diventa fonte di soddisfazione.
L'integrazione tra la razionalità e la predisposizione spontanea rimanda all'integrazione tra mente e corpo.
Alexander Lowen, padre dell'analisi bioenergetica, affermava che "il corpo ha una saggezza frutto di miliardi di anni di storia evolutiva, che la mente conscia può solo immaginare senza però riuscire mai ad afferrare. Il mistero dell'amore, per esempio, va oltre il sapere scientifico" e ancora "la parte inconscia del nostro corpo è quella che fa fluire la nostra vita. Noi non viviamo in virtù della nostra volontà, altrimenti la vita si spezzerebbe al primo fallimento di questa volontà".
Alexander Lowen, padre dell'analisi bioenergetica, affermava che "il corpo ha una saggezza frutto di miliardi di anni di storia evolutiva, che la mente conscia può solo immaginare senza però riuscire mai ad afferrare. Il mistero dell'amore, per esempio, va oltre il sapere scientifico" e ancora "la parte inconscia del nostro corpo è quella che fa fluire la nostra vita. Noi non viviamo in virtù della nostra volontà, altrimenti la vita si spezzerebbe al primo fallimento di questa volontà".
“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”
Seneca
Per andare è necessario prima fermarsi per accorgersi della direzione del proprio vento, ossia sintonizzarsi sui propri bisogni e sulla direzione in cui muovono.
Nel fare ciò, il corpo è la bussola che ci può indicare la strada:
in quali circostanze sento di ESSERCI? In quali mi sento in sintonia con il contesto e mi esprimo più naturalmente? Quali situazioni mi permettono di esprimere ciò per cui mi sento portato? Quali sono gli interessi nei quali sento di portare un contributo per me significativo?
Il vento favorevole stà nelle situazioni in cui sentiamo di avere qualcosa da dare e da esprimere, dove le nostre intenzioni vengono riconosciute e motivate. In queste condizioni, la sintonia emerge nel corpo attraverso movimenti spontanei, naturalmente più sciolti e morbidi, quasi automatici, frutto di una volizione naturale oltre che di una volontà razionale; ci sentiamo maggiormente a nostro agio, il respiro è più libero e profondo, l'attenzione è naturalmente focalizzata e l'espressione è più spontanea. E' un lasciar andare che ci rende liberi di esprimerci. Le sensazioni e le emozioni non vengono bloccate e si concretizzano perciò in azioni produttive.
Il culmine di questo stato lo si trova nell'ispirazione e nell'intuizione creativa, come nei gesti dettati dall'amore.
L'autoespressione, come la realizzazione di un obiettivo, comportano altresì fattori esterni e interni a sé che sono fonte di difficoltà: limiti oltre che opportunità effettive, resistenze interiori quali timori e blocchi che vanno a impattare su determinate circostanze. La vita reale ci insegna che il perseguimento dei nostri obiettivi non è esente da ostacoli e sfide che ci rendono più consapevoli dell'entità reale di questi obiettivi, dei modi e delle effettive possibilità di realizzarli concretamente.
A questo proposito, il sentire rimanda alla capacità di calarsi nella realtà e prenderne coscienza. Sentendo, mi baso su ciò che vivo e sperimento. Le reazioni del mio corpo mi aiutano a riconoscere un determinato contesto e come questo mi fa stare.
La verità del corpo fornisce indicazioni che aprono alla comprensione.
In questo, la mente può essere una fedele alleata oppure può opporsi, generando un conflitto.
"Proprio quando l'intelletto vuole governare sul naturale divenire, ci ricorda lo psicanalista junghiano Peter Schellembaum, si ci distacca dalla perenne mutevolezza della realtà, allora il nostro bagaglio concettuale non fa che opprimere l'elemento vitale", ossia il processo di cambiamento e la realizzazione.
"Proprio quando l'intelletto vuole governare sul naturale divenire, ci ricorda lo psicanalista junghiano Peter Schellembaum, si ci distacca dalla perenne mutevolezza della realtà, allora il nostro bagaglio concettuale non fa che opprimere l'elemento vitale", ossia il processo di cambiamento e la realizzazione.
Dalla mente deriva la razionalità; questa può basarsi su dati di realtà e aspettative più o meno realistiche, piuttosto che su convinzioni radicate, preconcetti, condizionamenti più o meno condivisi, conclusioni affrettate; può predisporci all'apertura, al cambiamento e alla concretizzazione di un bisogno, quando chiuderci e tenerci in scacco.
La nostra mente è necessaria per la realizzazione dei nostri obiettivi, ma per essere produttiva ha bisogno della consapevolezza che deriva dal corpo e dal suo sentire, il quale ci radica sia nel mondo reale quanto nei nostri bisogni profondi.
IL SENSO D'IDENTITA' E LA REALIZZAZIONE DELLE PROPRIE RISORSE
Il nostro senso d'identità è radicato quanto più è presente in noi un'identità mente-corpo e quanto meno questa viene ostacolata da blocchi e conflitti; allora la mente non blocca l'espressione spontanea del corpo, ma la alimenta e la orienta verso i contesti che davvero possono dare nutrimento e promuovere buoni stimoli.
E' riconoscendoci nella nostra identità che sappiamo di cosa abbiamo bisogno ed è radicandoci in questa che possiamo muoverci in avanti.
La comunicazione e l'alleanza tra mente e corpo comporta l'accettazione non solo dei nostri “pregi”, ma soprattutto dei nostri difetti, limiti e mancanze.
Non si tratta di giustificare qualsiasi nostro comportamento o “sbaglio”, ma comprenderne la motivazione che vi sta dietro e sentire da dove proviene, per maturare la libertà di essere e lasciare campo libero alla possibilità di agire in maniera magari differente.
Per accettarci occorre perdonarci, consentirci di sbagliare, allentare sempre più la morsa dei giudizi e dei divieti autoimposti; questo dona calore e com-passione alle nostre “vergogne” e scioglie poco per volta i vincoli che ci limitano nell'andare avanti.
Ognuno di noi possiede un'unicità che preme per essere espressa, ognuno ha i suoi talenti ed è tagliato per qualcosa che lo rende più completo e vivo.
L'espressione dei nostri talenti ci radica nella realtà e ci rende parte integrante di questa.
Dare spazio e respiro alle proprie risorse significa dispiegare le proprie vele a favore del vento favorevole.
Il vento è favorevole nella misura in cui si è favorevoli a se stessi e si coltiva la fiducia in sé.
Tenendo stretta a noi questa fiducia, ecco allora che si vanno ad aprire direzioni stimolanti da intraprendere e a nostra volta veniamo stimolati dall'esterno, in un'interazione che si alimenta vicendevolmente.
Se lasciamo accadere e non ci opponiamo, scopriamo che le nostre intenzioni muovono verso determinati contesti, che vanno ad aprire altre porte, le quali ci svelano ulteriori comprensioni, portandoci più avanti: sono le circostanze che sussurrano ai nostri bisogni e alle nostre risorse e che ci guidano nella realizzazione.
Vi è mai successo?
Con il contributo di:
Arrendersi al corpo, A. Lowen. Ed. Astrolabio.
La ferita dei non amati, Peter Schellembaum. Ed. Red.
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