Quando ci si identifica con la propria mente e con i propri pensieri, si avverte meno la realtà delle sensazioni e delle emozioni, si analizza maggiormente invece di lasciarsi trasportare da ciò che si sente nel qui e ora. Più la propria identità è assorbita dalla mente e poggia i suoi pilastri sui pensieri e i concetti della mente e meno prendiamo corpo in noi stessi, meno abitiamo il nostro essere, meno ci affidiamo a ciò che sentiamo. Ciò accade per paura: paura di lasciarsi andare, di perdere il controllo, paura di legarsi a persone o situazioni, paura di stare male e vivere/rivivere emozioni minacciose.
La mente è necessaria e l'importanza delle sue funzioni non può essere ridotta, ma quando prende il sopravvento attraverso forme-pensiero ridondanti, “ruminazioni”, timori e paure che bloccano in prossimità di determinate situazioni e che vanno a inficiare la nostra libertà di espressione, allora (la mente) può creare circoli viziosi, andando a innestare pensieri e convinzioni disfunzionali.
Più la mente si distacca dal corpo, più perde la propria forza e il proprio nutrimento; lo stesso accade per il corpo, in quanto viene meno la naturale connessione, l'accordo e l'equilibrio tra loro.
Alexander Lowen affermava che la perdita di concentrazione e di potere mentale è conseguenza del bisogno di tenere sotto controllo.
Il bisogno di controllo è governato dalla mente, che prende la supremazia sul corpo; in questo caso viene tolto spazio al sentire a favore del “dover” essere/mostrare/ottenere: la mente dirige e il corpo esegue; ci si cura maggiormente di come mostrare la propria immagine all'esterno invece che di cosa si sente; si vive più fuori che dentro di sé. Vivere “fuori” indebolisce.
Ma da cosa deriva il bisogno di controllo? Esso subentra in risposta all'ansia, all'angoscia, alla paura; questi stati possono andare a colonizzare la mente, la quale tende a perpetrarli alimentando convinzioni, pensieri ridondanti, fino a ossessioni. E' facile immaginare quanto ciò possa stancare fisicamente; questo accade quando non ci concediamo di essere noi stessi, per paura/timore di...Meno ci si concede di essere se stessi, più si perde la padronanza di sé e più aumenta il bisogno di controllo. Non si può vivere pienamente se neghiamo una parte di noi: la mente ha bisogno del corpo, ha bisogno di affidarsi e creare un ponte col “sentire”. Il pensare produttivo è quello che si nutre del sentire, perchè oltrepassa barriere ed etichette mentali autolimitanti, rinnovandosi.
Se ci fermiamo a osservare, tutto parte dal sentire e da ciò che il sentire muove.
Il sentire allarga la nostra visione, ci fa "accorgere" di ciò che ci circonda, lascia fiorire, alimenta, contagia, ci mette in risonanza con l'esterno ...e non impone rigidi confini; il sentire è la vita colta nel presente, assaporata dai propri sensi e oltre. Per questo viviamo: viviamo per “vivere”, per cogliere la bellezza di un momento, respirarlo intensamente e sentirci pienamente presenti, proprio lì, né prima attraverso i ricordi e ne dopo attraverso proiezioni di noi stessi nel futuro.
Prima e dopo sono concetti mentali che ci portano via dal presente e che non sempre aiutano, in quanto ci tengono nei nostri pensieri, ci fanno vivere nella mente, sottraendoci alla vita reale.
Abitare il proprio corpo significa lasciarsi guidare dalle proprie sensazioni, emozioni, intuizioni. Cosa appassiona, cosa rigenera più di questo?!
La rottura dei propri “schemi mentali” a favore della vita presente, porta alla rottura di quel muro che ci separa dal mondo esterno. Vivere il presente consente di dare nuova forma alla nostra vita, superando le convinzioni alimentate dalle restrizioni del passato.
Si può “essere” anche mentre si “fa” qualcosa, ossia vivere pienamente ciò che si sta facendo. Rallentare per assaporare e sentire ciò che si sta facendo non porta a perdere più tempo ma anzi, ci rende presenti, vivi e morbidi.
Possiamo ritagliarci ogni giorno un momento in cui stare consapevolmente nel presente, aprendo lo spazio al sentire e lasciando andare i pensieri.
Per esempio, possiamo metterci sdraiati e ruotare dolcemente la testa dall'estremità destra a quella sinistra, muovendo lo sguardo molto lentamente da destra a sinistra e osservando gradualmente ciò che è intorno a noi, mettendo a fuoco ogni superficie che ci circonda, osservando la differenza tra una superficie e un'altra; l'attenzione sta su ciò che osserviamo, mentre siamo in contatto con il nostro respiro. E' un “accorgerci”, privo di ogni giudizio. E' un tempo per noi, nel quale non c'è fretta né sforzo.
Possiamo fare qualsiasi cosa vivendola e respirandola più intensamente: allora rallentiamo i nostri movimenti e li sentiamo maggiormente, lasciandoci respirare. Possiamo farlo mentre ci vestiamo la mattina, mentre ci laviamo il viso, ecc.
E' un buon modo per staccarci momentaneamente dal brusio continuo della mente, lasciando che si affidi al corpo. La nostra giornata ci ringrazierà.
Questa è la dimensione dell'essere e ci direziona naturalmente verso ciò di cui abbiamo realmente bisogno. Coltivare il nostro essere, al di là di tutto quello che pensiamo e in cui crediamo, porta a rigenerarsi, crea i ponti e muove verso l'unione tra le parti di noi che a volte sentiamo in antitesi: l'unione fa la forza ...e apre alla vita. Nutrirci di noi stessi, del nostro sentire, evita di consumarci e di consumare il nostro tempo.
La nostra forza interiore la attingiamo dai momenti vissuti intensamente, svincolati da bisogni di approvazione o aspettative: vissuti e basta, vissuti davvero.
Ogni giorno, per non perdere tempo possiamo concederci il lusso di rallentare, almeno qualche istante, per accorgerci che ogni istante è vita.
La mente è necessaria e l'importanza delle sue funzioni non può essere ridotta, ma quando prende il sopravvento attraverso forme-pensiero ridondanti, “ruminazioni”, timori e paure che bloccano in prossimità di determinate situazioni e che vanno a inficiare la nostra libertà di espressione, allora (la mente) può creare circoli viziosi, andando a innestare pensieri e convinzioni disfunzionali.
Più la mente si distacca dal corpo, più perde la propria forza e il proprio nutrimento; lo stesso accade per il corpo, in quanto viene meno la naturale connessione, l'accordo e l'equilibrio tra loro.
Alexander Lowen affermava che la perdita di concentrazione e di potere mentale è conseguenza del bisogno di tenere sotto controllo.
Il bisogno di controllo è governato dalla mente, che prende la supremazia sul corpo; in questo caso viene tolto spazio al sentire a favore del “dover” essere/mostrare/ottenere: la mente dirige e il corpo esegue; ci si cura maggiormente di come mostrare la propria immagine all'esterno invece che di cosa si sente; si vive più fuori che dentro di sé. Vivere “fuori” indebolisce.
Ma da cosa deriva il bisogno di controllo? Esso subentra in risposta all'ansia, all'angoscia, alla paura; questi stati possono andare a colonizzare la mente, la quale tende a perpetrarli alimentando convinzioni, pensieri ridondanti, fino a ossessioni. E' facile immaginare quanto ciò possa stancare fisicamente; questo accade quando non ci concediamo di essere noi stessi, per paura/timore di...Meno ci si concede di essere se stessi, più si perde la padronanza di sé e più aumenta il bisogno di controllo. Non si può vivere pienamente se neghiamo una parte di noi: la mente ha bisogno del corpo, ha bisogno di affidarsi e creare un ponte col “sentire”. Il pensare produttivo è quello che si nutre del sentire, perchè oltrepassa barriere ed etichette mentali autolimitanti, rinnovandosi.
Se ci fermiamo a osservare, tutto parte dal sentire e da ciò che il sentire muove.
Il sentire allarga la nostra visione, ci fa "accorgere" di ciò che ci circonda, lascia fiorire, alimenta, contagia, ci mette in risonanza con l'esterno ...e non impone rigidi confini; il sentire è la vita colta nel presente, assaporata dai propri sensi e oltre. Per questo viviamo: viviamo per “vivere”, per cogliere la bellezza di un momento, respirarlo intensamente e sentirci pienamente presenti, proprio lì, né prima attraverso i ricordi e ne dopo attraverso proiezioni di noi stessi nel futuro.
Prima e dopo sono concetti mentali che ci portano via dal presente e che non sempre aiutano, in quanto ci tengono nei nostri pensieri, ci fanno vivere nella mente, sottraendoci alla vita reale.
Abitare il proprio corpo significa lasciarsi guidare dalle proprie sensazioni, emozioni, intuizioni. Cosa appassiona, cosa rigenera più di questo?!
La rottura dei propri “schemi mentali” a favore della vita presente, porta alla rottura di quel muro che ci separa dal mondo esterno. Vivere il presente consente di dare nuova forma alla nostra vita, superando le convinzioni alimentate dalle restrizioni del passato.
Si può “essere” anche mentre si “fa” qualcosa, ossia vivere pienamente ciò che si sta facendo. Rallentare per assaporare e sentire ciò che si sta facendo non porta a perdere più tempo ma anzi, ci rende presenti, vivi e morbidi.
Possiamo ritagliarci ogni giorno un momento in cui stare consapevolmente nel presente, aprendo lo spazio al sentire e lasciando andare i pensieri.
Per esempio, possiamo metterci sdraiati e ruotare dolcemente la testa dall'estremità destra a quella sinistra, muovendo lo sguardo molto lentamente da destra a sinistra e osservando gradualmente ciò che è intorno a noi, mettendo a fuoco ogni superficie che ci circonda, osservando la differenza tra una superficie e un'altra; l'attenzione sta su ciò che osserviamo, mentre siamo in contatto con il nostro respiro. E' un “accorgerci”, privo di ogni giudizio. E' un tempo per noi, nel quale non c'è fretta né sforzo.
Possiamo fare qualsiasi cosa vivendola e respirandola più intensamente: allora rallentiamo i nostri movimenti e li sentiamo maggiormente, lasciandoci respirare. Possiamo farlo mentre ci vestiamo la mattina, mentre ci laviamo il viso, ecc.
E' un buon modo per staccarci momentaneamente dal brusio continuo della mente, lasciando che si affidi al corpo. La nostra giornata ci ringrazierà.
Questa è la dimensione dell'essere e ci direziona naturalmente verso ciò di cui abbiamo realmente bisogno. Coltivare il nostro essere, al di là di tutto quello che pensiamo e in cui crediamo, porta a rigenerarsi, crea i ponti e muove verso l'unione tra le parti di noi che a volte sentiamo in antitesi: l'unione fa la forza ...e apre alla vita. Nutrirci di noi stessi, del nostro sentire, evita di consumarci e di consumare il nostro tempo.
La nostra forza interiore la attingiamo dai momenti vissuti intensamente, svincolati da bisogni di approvazione o aspettative: vissuti e basta, vissuti davvero.
Ogni giorno, per non perdere tempo possiamo concederci il lusso di rallentare, almeno qualche istante, per accorgerci che ogni istante è vita.
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