Questo
approccio ha come assunto di base l'identità
mente-corpo, nell'espressione e nel funzionamento dell'individuo.
"Il
nostro corpo racconta la nostra storia" affermava Lowen.
Per
cui a determinati blocchi muscolari corrispondono dei blocchi
psicologici; dal nostro modo di respirare si denota il nostro livello
di ansia, le nostre paure e il nostro temperamento; l'energia
corporea riflette la nostra vitalità e quanto ci sentiamo liberi di
esprimerci; il nostro modo di muoverci nel mondo, le nostre posture
ecc. riflettono l'atteggiamento che abbiamo nei confronti della vita.
Il
corpo è sede e veicolo di sensazioni ed emozioni; i blocchi
muscolari cronicizzati e l'irrigidimento inibiscono le sensazioni
corporee e così le emozioni collegate.
Ma
da dove hanno origine blocchi, tensioni e irrigidimento?
Da
esperienze spiacevoli continuative o traumatiche che hanno lasciato
una traccia. Le tensioni hanno la funzione di attutire le
sensazioni per proteggerci da ulteriori emozioni spiacevoli, ma allo
stesso modo inibiscono anche le sensazioni corporee e le emozioni più
piacevoli e la vitalità, limitando l’esperienza di essere “in
contatto” con noi stessi e con gli altri, l’esperienza di
sentirsi liberi di essere e di esprimersi spontaneamente.
Insomma,
l'organismo in questo modo si protegge (proviamo a immaginare o a far
caso, per esempio, a quali sono le parti che irrigidiamo quando siamo
in una situazione che ci provoca paura o disagio).
Quindi, in risposta a più esperienze spiacevoli (ripetute) o particolarmente forti (traumatiche), l'organismo irrigidisce più e più volte determinate parti, finché la rigidità diventa cronica e spesso non ci si accorge più di averla, perché non si "sente". Quelle parti del corpo perciò sono meno ricettive.
Ci si può altrimenti irrigidire in risposta a esperienze percepite simili a quelle traumatiche precedentemente vissute. Potremmo dire che maturiamo una “suscettibilità selettiva” a determinate esperienze.
Blocchi muscolari e rigidità derivano inoltre da ciò che ci è stato imposto sin dall'infanzia, dal modo in cui lo è stato fatto e dall'entità dei divieti esercitati sui nostri comportamenti spontanei. Questo ci ha consentito da un lato di adattarci a varie circostanze, ma dall'altro lato ha tagliato via delle fette più o meno importanti di vitalità, bisogni e risorse rimaste inespresse (lungi da queste considerazioni un giudizio perentorio sulla storia di vita e sulle norme di comportamento apprese da ognuno; ciascuno ha la propria storia di vita e da questa ne ha tratto i suoi preziosi insegnamenti).
Quindi, in risposta a più esperienze spiacevoli (ripetute) o particolarmente forti (traumatiche), l'organismo irrigidisce più e più volte determinate parti, finché la rigidità diventa cronica e spesso non ci si accorge più di averla, perché non si "sente". Quelle parti del corpo perciò sono meno ricettive.
Ci si può altrimenti irrigidire in risposta a esperienze percepite simili a quelle traumatiche precedentemente vissute. Potremmo dire che maturiamo una “suscettibilità selettiva” a determinate esperienze.
Blocchi muscolari e rigidità derivano inoltre da ciò che ci è stato imposto sin dall'infanzia, dal modo in cui lo è stato fatto e dall'entità dei divieti esercitati sui nostri comportamenti spontanei. Questo ci ha consentito da un lato di adattarci a varie circostanze, ma dall'altro lato ha tagliato via delle fette più o meno importanti di vitalità, bisogni e risorse rimaste inespresse (lungi da queste considerazioni un giudizio perentorio sulla storia di vita e sulle norme di comportamento apprese da ognuno; ciascuno ha la propria storia di vita e da questa ne ha tratto i suoi preziosi insegnamenti).
Ovviamente,
le esperienze che si collocano nell'infanzia sono determinanti. Più
precoce è un'esperienza significativa, piacevole o spiacevole che
sia, e maggiore sarà l'entità della traccia che lascerà nella
nostra vita.
Non affrontare il dolore di determinate esperienze di vita è un modo per proteggerci, ma intacca la libertà di esprimerci e di "diventare ciò che siamo", ossia non ci consente di vivere pienamente.
Non affrontare il dolore di determinate esperienze di vita è un modo per proteggerci, ma intacca la libertà di esprimerci e di "diventare ciò che siamo", ossia non ci consente di vivere pienamente.
E'
possibile sviluppare una maggiore sensibilità nell'ascolto del corpo
e riprendere il contatto con queste parti bloccate, accogliendole e ridando voce ai nostri bisogni, scaricando le tensioni e ciò che tratteniamo; dall'ascolto e dalla
liberazione di queste parti emergerà energia e consapevolezza. Questo consentirà di esprimerci mettendo in
gioco tutte le nostre risorse, la nostra spontaneità e le parti di
noi più autentiche. Fidarci delle nostre sensazioni, di ciò che
sentiamo “a pelle”, ci consente di ritrovare il nostro “centro”
e di essere maggiormente “radicati” alla realtà, ossia presenti.
Da questo rinnovato sentire potremo riacquistare fiducia e sicurezza in noi
stessi e intraprendere spontaneamente le scelte migliori per noi, andando verso il benessere e l'autorealizzazione.
Ritrovare
la sintonia col mondo che ci circonda porta a un coinvolgimento
pieno alla vita.
Proprio
per l'importanza di considerare l'individuo nella sua totalità, l'intervento psicologico in bioenergetica si
struttura sia attraverso la parola che l'esperienza corporea.
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